Una donna, una pittrice e, soprattutto, un’artista che sa esprimere la sintesi di uno sguardo critico e poetico, pragmatico e sensibile, severo e, insieme, colmo di speranza. La somma variegata e molteplice di queste apparenti opposizioni rendono le opere di Maria Savino uniche ed esclusive.
Sintesi ed equilibrio che ho apprezzato ancor di più, incontrandola. Nella sua produzione, infatti, si riflette, come in un gioco di specchi e di riflessi, il suo pensiero e la sua attenzione alle problematiche materiali e spirituali. Sensibilità che si manifesta nello stile e negli squarci di colore che emergono dalle sue tele: grida di protesta, ma anche voci di speranza.
Stimo Maria Savino perché sa interrogare la realtà, facendola parlare, a volte anche urlare, dando voce al sentire di un’intera generazione, quella degli anni Settanta, di cui anch’io faccio parte, che avverte urgente il bisogno di guardare al futuro, recuperando il valore di parole e di simboli del passato oggi, purtroppo, spesso ignorati, dimenticati o, ancor peggio, banalizzati.
Faccio riferimento a parole come ‘benevolenza’, ‘entropia’, ‘mutamento’, ‘passione’, ‘perseveranza’ e a simboli come il tricolore della patria e il mulinello di preghiera tibetano, che cercano spazio, trovandolo, tra le fessure dei muri monocromatici delle sue tele e tra le crepe delle barriere di indifferenza della contemporaneità.
È proprio il messaggio di denuncia, associato a quello di speranza, che rende le opere esposte alla Milano Art Gallery ricche di quell’energia e di quell’ottimismo, di cui noi tutti oggi abbiamo bisogno per affrontare in modo deciso e sereno il periodo storico che stiamo vivendo.
Ringrazio Maria Savino per ricordare a tutti noi che tra gli strati neri, freddi e impassibili dell’apparenza, il giallo dorato del sogno può ancora diventare realtà.