È un’estate fervida e prolifica per Milano. In questo caldo e afoso luglio lombardo nasce un nuovo spazio culturale: Milano Art Gallery. E a tenerlo a battesimo un grande intellettuale e artista del Novecento: Gillo Dorfles. Una presenza importante, prestigiosa e soprattutto emblematica. Simbolicità che le è conferita dal pensiero forte, coerente, seppur creativo, che contraddistingue l’intera sua produzione critica, letteraria e artistica. Una fermezza che, lontana da ogni rigidità, non gli ha mai impedito di guardare al futuro e ai giovani talenti. E ancora un pensiero vigoroso, dalle radici robuste, i cui rami, sempre protesi nel cielo delle avanguardie, hanno germinato idee potenti e progetti originali.
E ora, con l’orgoglio dei suoi 102 anni, festeggia la sua primavera artistica. Una lunga, intensa e feconda stagione, i cui frutti li ritroviamo sia nei cromatismi solari delle sue Composizioni sia nelle sinuosità e nelle forme ardite delle sue ceramiche. A Dorfles piace mettere le mani nella materia, per plasmarla, conferendole la forma della sua arte. Lo fa ancora oggi, con entusiasmo e con passione.
I suoi piatti e le sue creazioni in ceramica, che originano dal rapporto fisico con la terra, – ma non solo, anche l’intera sua produzione artistica – diventano allora espressioni solide e concrete di una mente geniale, che sa trasformare il colore in arte e la materia in cultura.
Una dote rara, specialmente nella presente attualità storica. Nella civiltà dell’effimero, infatti, le espressioni fugaci, giocate sull’estemporaneità provvisoria dell’evento, ambiscono e pretendono di essere chiamate ‘arte’. Certo, in Italia ci sono prove in cui gesti eclatanti – basti pensare a d’Annunzio o a Marinetti – diventano all’istante testimonianze estetiche. Ma si tratta di esempi rari. Invece, la vera Cultura, come la vera Arte sono – come ci insegna Dorfles – permanenza, durata e soprattutto studio, rispetto e conservazione della memoria. Solo in quest’ottica anche le discontinuità e le intermittenze sperimentali possono costruire un futuro degno di essere ricordato.
Ma insieme a questo suo ”fare” arte non si può dimenticare la sua produzione critica, importante perché promana dal suo essere sperimentatore. E per me questa sua attività è particolarmente significativa perché ha segnato la mia formazione negli anni universitari, quando seguivo il corso di Storia dell’Architettura tenuto dal grande Bruno Zevi che tra i testi consigliati proponeva proprio un piccolo volume di Dorfles: L’Architettura Moderna. Nel rileggerlo, a tanti anni di distanza, ho capito meglio il suo valore che in qualche modo rispecchia il pensiero dell’autore: sintesi critica, ma capacità di cogliere i momenti di passaggio e creativamente significativi. Così come in un altro testo del 1963 Introduzione al disegno industriale dove con lucida analisi intuiva la forza della pubblicità come nuova forma espressiva, affermando: “È ormai tempo di accettare anche il fatto pubblicitario (specie nel caso di pubblicità visuale) come facente parte del grande meccanismo comunicativo entro il quale anche l’arte rientra”.
In questo senso Gillo Dolfles è, insieme, un intellettuale e un artista del passato e del futuro, che regala a tutti noi il suo prezioso e generoso presente.