Giuseppe Santonocito nasce a Catania nel 1951. Si trasferisce a Firenze nel 1969.
La sua grande passione è la musica, ma la vita lo costringe a rinunciare a iscriversi al Conservatorio.Dopo molti viaggi e lunghe riflessioni si converte alla pittura. È proprio una conversione all’arte quella di Santonocito. Inizia con le copie dei grandi maestri del Rinascimento. Ma si rende conto che la sua vocazione espressiva è diversa. Deve, in senso per lui imperativo, essere radicalmente diversa. Alla fine degli anni Ottanta avviene così un radicale e profondo mutamento: un terremoto stilistico, portavoce di una rabbia esistenziale profonda alla quale non può rinunciare a dare voce. Nascono così le sue prime opere di denuncia sociale, politica e ambientale. In una sua autocritica, scritta in occasione della mostra personale Evasioni mentali del 1992, scrive: «[…] disagio e stupore sono i miei sentimenti verso questa terra sfruttata e spremuta fino all’esasperazione. Tengo a precisare che questa mia maturazione è dovuta grazie ad esperienze, vuoi volute, vuoi occasionali, avute dalla vita. Vorrei essere compreso».
La sfiducia nell’uomo politico e predatore del pianeta lo porta a scegliere la dimensione fluttuante dello spazio, che assume le colorazioni degli sfondi bluette sfumati di nero nelle opere esposte a Spoleto Arte. L’esercizio della pittura gli dona maggiore tranquillità, una sorta di pace interiore che lo tonifica, consentendogli di prendere le distanze dall’homo faber. Allontanamento che si rispecchia nella sua produzione. Nel suo spazio pittorico, infatti, è totale l’assenza di esseri umani.
Nel 2002 si ritira nel suo studio in campagna, sulle colline del Valdarno, per poter pensare, creare e lavorare con più raccoglimento. Una scelta civile ed etica che diventa anche estetica. Il pennello, le spatole e le tele di Giuseppe Santonocito non sono solo strumenti di dissenso, ma anche mezzi per curare l’anima: la sua e quella del mondo. La speranza di cambiarlo è probabilmente un’illusione, ma continua a credere, con sagace distacco, che le sue tele possano, almeno per l’attimo della durata di un’occhiata, distogliere lo sguardo umano dalla frenesia grigia e distruttiva – e purtroppo inarrestabile – del pianeta. E così l’artista siciliano usa il pennello come fosse una spada, dichiarando dura guerra al consumismo e alla globalizzazione che stanno divorando l’anima dei luoghi e depredando la carne del mondo. Una lotta di colori a piroetta che ricorda un esercizio ludico da giocolieri equilibristi, ma che in realtà è molto di più.
Numerose le città in cui presenta le sue opere, tra cui: Orvieto a Palazzo dei Papi (1988 e 1989); a Mulazzo in provincia di Messina (1989); alla Galleria Gadarte di Firenze (1991); a Marmirolo in provincia di Mantova (1991); a Saint-Denis nell’Isola Réunion (1991); a Arte Box di Modena (1991); ai Saloni S:A:P (1991) e a Piazza Vasari di Firenze (1992); a Molino del Piano ancora in provincia di Firenze (1992); alla Galleria I Platani di Montecatini Terme (1993); al Casinò di Malindi in Kenya (1995); alla Galleria L’idea di Firenze (1995); alla Galleria Modigliani di Milano (1997); alla Biennale Città di Livorno (1997); alla Galleria Art Point di Firenze (1999); alla Sala Comunale di Castelfranco di Sopra in provincia di Arezzo (2001); alla Canonica di Chiassaia nell’arentino (2001); a Torre Del Porto nell’Isola di Capraia (2002); alla Tenuta Ferragamo Il Borro a San Giustino Valdarno alla periferia di Arezzo (2004). Nel 2005 presenta una personale a Salisburgo, in Austria, e nel 2010 partecipa ad Artefiera a Reggio Emilia. Nel 2011 espone le sue opere alle ArtefiereGiorni d’arte di Carrara, Proponendo di Forte dei Marmi e a quella di Padova. Numerosi i premi e i riconoscimenti ricevuti: il secondo e terzo Premio San Bartolo a Cintoia in provincia di Firenze (1991), il Cardo d’Argento a Scarperia sempre in provincia di Firenze (1991), il Premio Italia per le arti visive assegnato dal Comune di Villafranca nel veronese (1991 e 1992); il primo premio Arte Italiana in Spagna consegnato dal professor Moore allora Direttore dei Musei Dalì e Picasso (1993); il primo premio Vada Volterrae (1997).
Ha ricevuto la Laurea Honoris Causa per le arti visive dall’Accademia Italiana Gli Etruschi nel 1994.
È Senatore Accademico dell’Accademia città di Roma dal 1995.